C’era una volta un tipo distrutto
sentendosi orribile, peggio che brutto,
peggio di un orco odiato e cattivo:
lui era un compito, un compito estivo.
“Quando mi leggono, tutti a inveire
eppure son buono lo devon capire.
Mi han scritto così, non è mia intenzione!
Devo trovare una soluzione.”
“Scrivi sul mare parole seicento,
segna gli avverbi, controlla ogni accento,
i verbi analizza e volgi al passato
e mi raccomando: giammai aiutato!”
Il povero compito ebbe un’idea
con le parole lavora, ricrea:
alla maestra non sarebbe spiaciuto
se alle consegne lui dava un ...aiuto.
“Pensa sul mare e vivilo lento,
osserva ogni onda, assapora il vento,
inventa una storia, ricorda il passato
e mi raccomando: che tu sia aiutato!
Non nel pensare, che quello sta a te,
ma nel raccontare (che bello che è!)
a mamma e parenti, e se non bastasse
amici e compagni della tua classe.”
In riva al mare il giorno dopo
tutti si trovano per quello scopo:
chi guarda le onde, chi ascolta, chi narra,
chi porta merenda e chi una chitarra.
Ci sono i bambini, le mamme ed i nonni,
si scrive, si legge di piovre e di tonni,
di navi stregate, sirene e pirati
di tempi futuri e di tempi passati,
si canta, si balla, si studia e disegna,
chi pensa, chi parla, chi impara, chi insegna.
È come una musica, un suono di orchestra
che arriva alla casa della maestra
che pensa sia strano quel compito al mare
...ma era così che era da fare?
Ma ora che vede quel luogo giulivo
si unisce al gruppo: “Aspettatemi, arrivo!”
È proprio un bel compito, quel compito estivo.
Sabrina Fusi