Finisce l'asilo e comincia la scuola. Si va in cartoleria, si scelgono il diario, l'astuccio, la cartella. Non so cosa aspettarmi... ma l'odore delle gomme, dei quaderni nuovi suscitano belle emozioni.
Passano i giorni. I parenti e gli amici iniziano a chiedere come va la scuola.
Non sapevo esattamente cosa aspettarmi... ma questo di sicuro no.
Va male, ecco come va. Stranamente ed inspiegabilmente male.
E la scuola, specie in prima elementare si confonde inevitabilmente con la vita quotidiana. Le giornate sono scandite dai compiti, preparare la cartella, imparare a leggere e scrivere.
E già, qui è il punto...
“La lettera a Babbo Natale non la scriverò di certo. Se non mi dà una mano la mamma, rischio che mi porti un cudo , un ternino e se niente niente voglio una macchinina elettrica rinuncio in partenza!. Poi lui è Babbo Natale e il corsivo è d'obbligo, io, se una speranza ce l'ho, è con lo stampatello maiuscolo”.
A questo punto viene la parte difficile per una mamma: passare oltre la cortina dei pianti e della rabbia per arrivare a scoprire che c'è un effettivo “problema”.
L'ho scritto fra virgolette, perché ora ho imparato a vederlo e a viverlo in maniera del tutto differente, ma una cosa che al momento non si capisce e non si conosce è, a tutti gli effetti, un problema.
Anche perché non si parla solo ed esclusivamente di lettura e scrittura, di crisi di pianto per i compiti, di lettere sbagliate, invertite, confuse, di grafia illeggibile e faticosa, di sillabe che si mescolano nella lettura... I Disturbi Specifici di Apprendimento, in quanto caratteristica di una persona, fanno parte di ogni aspetto della sua quotidianità.
Come mai in pieno pomeriggio mio figlio mi dice: “dopo facciamo il pranzo o la cena?”. Perché tutti si allacciano da soli le scarpe e lui no. Perché nello sport continua a litigare con la palla? Come mai fa così fatica a imparare a leggere l'orologio?
E poi c'è il disturbo del linguaggio che lo limita, e la fatica a trovare la parolina che non viene...
Così, in questi che dovrebbero essere gli anni spensierati dell'infanzia, il bambino che conoscevo solare ed entusiasta diventa sempre più cupo, oppositivo.
Sempre più solitario.
Sempre più triste.
La convinzione di valere poco si insinua in lui, l'autostima va sotto i tacchi.
E iniziano i mal di pancia, gli incubi notturni.
No, questo non mi quadra. C'è qualcosa sotto che ancora non capisco, ma di sicuro c'è.
Consulto la logopedista, che mi indirizza da una neuropsicologa, che già alla fine della prima elementare lo valuta e mi segnala i tanti campanelli di allarme che tintinnano sopra di lui.
A distanza di due anni, e grazie alle stupende persone che ho avuto la fortuna di incontrare, posso dire che sì, qualcosa c'era (dislessia, disgrafia e disortografia. Non abbiamo fatto il pieno con la discalculia, ma ci siamo difesi bene!).
E posso anche dire che la situazione può cambiare!
C'è la specifica terapia (logopedica e psicomotoria nel mio caso) che aiuta a migliorare le competenze scolastiche, ci sono normative che prevedono una didattica adeguata alle sue esigenze per tutelare il suo percorso.
Prima di tutto però, da mamma, devo andare oltre al quaderno da piccolo miniaturista che avevo sognato. COSA scriverà, questo è importante !
Devo mettere nel cassetto le passate battaglie per i compiti: non sapevo, non avevo capito.
Ora facciamo più pause, strutturiamo meglio il lavoro. E ci facciamo aiutare da mappe concettuali, tavola pitagorica, dal computer..
La sera, prima di dormire, leggo io per lui. In questi anni siamo stati a Narnia, sulle strade di Oz, nel Paese delle Meraviglie. Abbiamo riso con Pippi e Giamburrasca, e sognato con Matilde e Momo. Mio figlio AMA la lettura, anche se lui non legge bene, questo è importante!
E se la torta diventa trota , nessuno si arrabbia più, perché sappiamo che non dipende da lui, non è né “asino”, né “diverso”, né quant'altro pensava di essere: é semplicemente dislessico!
Ci sono le terapiste che lo aiutano a lavorare su quello e si migliorerà, e comunque c'è il computer con il correttore ortografico.
Io posso aiutarlo a scoprire le sue altre fantastiche potenzialità, la sua fantasia, la sua generosità, il valore del suo ragionare in modo diverso.
Nessuno nega che sia un percorso difficile! Specie perché, pur se in famiglia il capire e conoscere rende il “problema” non più così problema, molto spesso ci si deve confrontare con chi non conosce e non capisce.
Ecco, penso proprio che sia questa la parola chiave: CAPIRE.
Quante volte ho visto mio figlio disperarsi perché “non capiva” e non sapeva perché... quante volte l'ho visto angosciarsi e arrabbiarsi perché non lo capivano....
quante volte non capendo le sue difficoltà non ho saputo aiutarlo...
Tutto sta cambiando, ed è più facile da affrontare, da quando ho iniziato a capire mio figlio.
E lui sentendosi finalmente capito, ha potuto smettere di essere arrabbiato e sfiduciato.
Ed è per questo che ho intrapreso con entusiasmo e convinzione il percorso con O.S.D. (Organizzazione a Sostegno della Dislessia), per dare il mio contributo affinché tutti i ragazzi con Disturbo Specifico di Apprendimento vengano capiti.
P.S.
Babbo Natale risponde anche allo stampatello! Lo dico per esperienza.